Ecosistema terra: un pianeta da ripristinare insieme
Circa il 20% della superficie coltivata o coperta da vegetazione spontanea del pianeta mostra un calo della produttività con perdite di fertilità legate a erosione, impoverimento delle risorse e inquinamento in tutte le parti del mondo. Il degrado degli ecosistemi terrestri e marini, inoltre, mina le condizioni di vita di 3,2 miliardi circa di persone e costa circa il 10% del prodotto lordo globale annuo in termini di perdita di servizi per specie ed ecosistemi. Ecosistemi chiave, questi, che forniscono, inoltre, numerosi servizi essenziali sia per l’alimentazione sia per l’agricoltura, compresa la fornitura di acqua dolce, la protezione dai rischi e la fornitura di habitat per specie come pesci e impollinatori. Per questi e per altri gravi problemi al fine di combattere le crisi climatiche, migliorare la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento idrico, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dato il via per il periodo 2021-2030 al cosiddetto decennio dell’ONU per il Ripristino dell’Ecosistema, un progetto che nei prossimi anni aiuterà i Paesi, specie quelli più poveri, a lottare contro gli effetti del cambiamento climatico e la collegata ed estesa perdita di biodiversità offrendo al contempo un’opportunità senza precedenti per la creazione di posti di lavoro.
Oggi i nostri ecosistemi vengono degradati ad un ritmo senza precedenti con un impatto devastante sia sulle persone sia sull’ambiente: tredici milioni di ettari di foreste vanno perse ogni anno, mentre il persistente deterioramento dei terreni ha portato alla desertificazione di 3,6 miliardi di ettari. Con un programma efficace in grado di costruire resilienza, ridurre le vulnerabilità ed aumentare la capacità dei sistemi di adattarsi alle minacce quotidiane ed agli eventi estremi si potrebbero però, tra gli obiettivi del progetto, recuperare circa 350 milioni di ettari tra oggi ed il 2030, generare 9.000 miliardi di dollari in servizi eco-sistemici e liberare l’atmosfera di ulteriori 13-26 gigaton di gas serra. Quello dell’ONU vuole essere un’invito all’azione globale, metterà, infatti, insieme il sostegno politico, la ricerca scientifica e le risorse finanziarie per potenziare l’azione portandola da iniziative pilota di successo ad interventi veri e propri in aree di milioni di ettari. Paesi, governi sovranazionali e organizzazioni private si sono impegnate a restaurare oltre 170 milioni di ettari. Uno sforzo che, ad esempio, si basa soprattutto su iniziative regionali com’è il caso dell’Iniziativa 20×20 in America Latina che mira a ripristinare 20 milioni di ettari di terra degradata entro il 2020 oppure l’AFR100 African Forest Landscape Restoration Initiative che mira, invece, a recuperare 100 milioni di ettari di terreni degradati entro il 2030.
Intanto nel nostro Paese il governo ha da poco presentato il piano “Proteggi Italia” con cui si dice pronto a stanziare undici miliardi di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico nel triennio 2019-2021. Altri 3 miliardi di euro nel triennio per l'emergenza delle 17 regioni colpite dal maltempo nell'autunno scorso. E ancora, 2,3 miliardi per l'agricoltura contro il degrado del territorio, e 1,6 miliardi di fondi europei. Infine, un disegno di legge per sveltire i cantieri per la messa in sicurezza del paese. Ad oggi norme fin troppo confuse hanno ritardato molto spesso i dovuti interventi sul territorio, un territorio come quello italiano che si presenta per sua natura fragile e bisognoso di una adeguata terapia per proteggerlo e metterlo in sicurezza. Il recente rapporto annuale redatto dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA), la rete delle agenzie ambientali pubbliche Ispra e Arpa, ci rivela che il 7,9% del territorio italiano è interessato da frane. Nonostante ciò, il consumo del suolo continua ad avanzare, al ritmo di 14 ettari al giorno, 2 metri quadrati al secondo. Quello che serve oltre alla risorse adesso è un sistema di leggi chiare che non rischino di impedire ai cantieri di partire. A tal riguardo si parla già di un prossimo disegno di legge battezzato “cantiere ambiente” realizzato con l’obiettivo di riordinare il sistema affastellato di disposizioni normative e di razionalizzare risorse e poteri. Positivi sono anche gli ultimi dati Istat sull’aumento degli investimenti dell'industria nella protezione dell’ambiente, dai quali si rileva un incremento del 2,3% degli investimenti ambientali delle imprese industriali fino a 1.437,3 milioni di euro, crescita sostenuta principalmente dalle imprese di piccola e media dimensione (+12,9%). Cala dello 0,4% nel caso di imprese maggiori che realizzano, invece, il 78,1% degli investimenti ambientali complessivi. Crescono, però, soprattutto gli investimenti in tecnologie più avanzate: più di un terzo della spesa (39%) è destinato alle attività di protezione e recupero del suolo e delle acque di falda e superficiali, all'abbattimento del rumore, alla protezione del paesaggio e protezione dalle radiazioni e alle attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla protezione dell’ambiente.
La parola d’ordine è, ancora una volta, quella dell'economia circolare, un sistema che consente allo stesso tempo di essere sostenibili riciclando prodotti già utilizzati ed in questo campo un settore in crescita, che sta generando profitti importanti oggi per l’Italia, è quello del riciclo del legno. Abbiamo la fortuna, infatti, di possedere la migliore filiera al mondo per il recupero del legno per percentuali di riciclo: oltre il 95% del legno raccolto viene riciclato in maniera tale che i pannelli sono costruiti quasi totalmente da materiale recuperato. Percentuali che hanno permesso, in poco più di 20 anni, di creare da noi una nuova economia che ha risultati importanti sia in termini ambientali sia per la capacità di creare sviluppo e occupazione (vale infatti circa 1,4 miliardi di euro ed occupa oltre seimila persone). Guardando poi ai tanti materiali innovativi e riciclati utilizzati si evita così lo sfruttamento di legno vergine e si seguono nuove frontiere, in un’ ottica di economia circolare, che consentono di pensare anche i prodotti in maniera diversa.
I nostri sistemi alimentari globali e il sostentamento di milioni di persone dipendono dalla collaborazione di tutti noi, dai governi alle imprese, per ripristinare ecosistemi sani e sostenibili per oggi e per il futuro. I “servizi” cosiddetti indispensabili alla vita che i nostri ecosistemi ci offrono ogni giorno gratuitamente meritano quindi di essere salvaguardati: secondo il Wwf il valore economico di questi servizi ecosistemici, una stima che rende giustizia soltanto in parte, perché in ballo c’è anche la nostra vita, può essere «valutato intorno a 125.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto globale lordo dei paesi di tutto il mondo, che si aggira sugli 80.000 miliardi di dollari».